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Una nuova vita in campagna con un marito, un numero variabile di gatti e un cane con un solo neurone. La passione per la musica classica e per i borghi medievali, per la spiritualità dei Nativi Americani e per i misteri irrisolti, per le autoproduzioni e il vivere consapevole. Questa è la mia vita. Queste sono le mie storie.

domenica 28 febbraio 2016

Il nostro mondo è cambiato e certe cose non torneranno più

Una volta telefonavamo infilando il dito in una ruota, dopo aver cercato il numero su un elenco telefonico che cambiava ogni anno, e guai se non riconsegnavi quello vecchio. Ascoltavamo la musica mettendo una cassetta di plastica dentro un walkman grande come un libro tascabile, magari dopo averla riavvolta con una Bic per fare più alla svelta e per risparmiare le pile, che duravano sempre troppo poco. I più fortunati avevano un videoregistratore attaccato a un televisore largo abbastanza da poterci mettere sopra la gondola-souvenir di Venezia, un orologio meccanico con la gallina che becchetta misurando i secondi, e un gatto. Se volevamo fare una foto al gatto dovevamo prendere una macchina fotografica e metterci dentro un rullino nuovo, sperando che nel frattempo non se ne fosse andato o non avesse fatto cadere la gondola e la sveglia.











 

I nostri computer erano grandi quanto i televisori, ed erano pesanti. Quando li accendevi compariva la scritta C:\ su un fondo nero, e per salvare i nostri dati dovevamo infilare in un’apposita fessura degli appositi dischetti contenuti in involucri di plastica. Chi li aveva li esibiva orgoglioso sull’autobus o in metropolitana, sentendosi un eletto, il rappresentante di una casta in grado di dominare le nuove tecnologie, e non si rendeva conto di stare tenendo in mano l’equivalente di un osso di brontosauro.

Quando eravamo fuori casa e avevamo bisogno di telefonare, dovevamo cercare una cabina del telefono. Una volta funzionavano solo con i gettoni, che nella mia memoria valevano sempre 200 lire e a volte te li davano come resto al supermercato. Poi sono diventati più moderni e accettavano qualunque moneta, ma solo dalle 100 lire in su, e al posto della ruota da girare con un dito c’erano dei tasti da premere con lo stesso dito. Più avanti ancora funzionavano anche con delle schede che qualcuno collezionava. Mi chiedo quante siano le persone che hanno ancora i cassetti pieni di questi piccoli oggetti, emblemi di un’inutilità elevata all’ennesima potenza.








Adesso la musica la ascoltiamo con il nostro telefono, che è poco più grande di una di quelle vecchie e inutili schede telefoniche, e volendo fa anche le foto al gatto senza bisogno della pellicola. Il gatto però non sta più sul televisore assieme alla gondola-souvenir di Venezia e alla gallina che becchetta all’infinito, perché il televisore è largo due dita, i souvenir non li compriamo più, e la gallina ha smesso da anni di becchettare. Se vogliamo un ricordo di Venezia ci facciamo un selfie davanti al ponte di Rialto, e per sapere che ore sono basta il telefono.
I nostri computer spesso stanno anch’essi nel telefono, oppure dentro un tablet largo pochi centimetri che si fa funzionare con le dita. Lo schermo del tablet si sporca, ma è comunque di soddisfazione. I nostri dati li salviamo dentro delle chiavette decisamente più sexy dei dischetti quadrati di plastica, e a volte non facciamo neanche questo e li immagazziniamo dentro uno spazio virtuale all’interno di un server che magari sta all’altro capo del mondo.
I più tradizionalisti hanno un computer portatile con la tastiera dove spesso va a dormire il gatto orfano della vecchia televisione. Anche il più piccolo è potente come un condominio di vecchi computer C:\. Una volta richiuso è grande come bloc notes ed è ugualmente apprezzato dal gatto.

Sì, il nostro mondo è decisamente cambiato, e certe cose non torneranno più. E forse è vero che il futuro non è più quello di una volta, quando sognavamo viaggi nello spazio e auto volanti, ma anche così non è poi tanto male…

martedì 16 febbraio 2016

Rigenerazione - Atto finale

Di solito questi pensieri mi vengono a primavera, quando il sole è tiepido e le prime belle giornate ti fanno venire voglia di liberare anche la mente, non solo la casa, dalla polvere accumulata durante l'inverno. Stavolta è successo prima, complice forse la mezza giornata di tregua dalle piogge (comunque benvenute dopo mesi di siccità): sono andata nello studiolo, ho tirato i cassettoni sotto il divano-letto e ho tirato fuori i vecchi libri di libri di scuola e di università. Ne avevo già eliminati alcuni, regalati oppure prestati e mai più tornati indietro. Mi ero tenuta quelli a cui ero più assurdamente affezionata, ben sapendo che non li avrei mai più riaperti, nemmeno se mi fosse venuto lo sfizio di andare a recuperare qualche vecchia nozione. Perché il mondo nel frattempo è cambiato, e libri e manuali hanno lasciato il posto a google e wikipedia, e se proprio avessi avuto l’insana voglia di approfondire qualcuno di quegli argomenti, avrei sempre potuto andare in una vecchia, cara biblioteca.
Così ho spedito verso il loro ultimo viaggio le dispense di geologia, gli appunti di chimica, le relazioni di elettronica, i libri delle superiori sfogliati e risfogliati, e tutti gli appunti di cinque anni di esami all’università; non essere riuscita a laurearmi è il grande cruccio della mia vita. Nulla per cui non dorma alla notte, chiaro, ma mi dispiace comunque.
La fotocopia del libretto universitario è una delle poche cose che ho tenuto di quegli anni, assieme al libro di chimica (che era costato un patrimonio e sembra un antico tomo da biblioteca polverosa)


e la tavola periodica degli elementi, chissà poi perché. Avevo una buona media, non eccelsa ma decente, però ho dovuto lasciar perdere per uno di quei motivi che erano scritti nei miei diari e adesso saranno già stati trasformati in uno scatolone da una cartiera. Ma non cerco alibi, avrei comunque interrotto gli studi perché ero consapevole che non avrei mai passato lo scoglio di un esame dal nome altisonante di Meccanica Razionale. Evoca grandiosi scenari di conoscenza su uno sfondo di cieli stellati e nebulose, e invece tutto si riassumeva in incomprensibili problemi di dischi in movimento collegati tramite perni e pulegge ad altri dischi più grandi. Ogni volta che guardavo uno di quegli esercizi mi tornava in mente la maestra delle elementari, la terribile signorina Marangoni, e i suoi altrettanto incomprensibili problemi di vasche forate che si riempivano sempre più velocemente di quanto si svuotassero. Lei voleva da me delle risposte che io non sapevo darle (“se entrano 10 litri al secondo ed escono 8 litri al secondo, quanto tempo ci vuole prima che la vasca si riempia e l’acqua esca fuori?”)… o meglio, avrei potuto anche dargliele, ma anche allora ero una bambina molto pratica e non capivo perché non si potesse semplicemente chiudere il rubinetto prima che succedesse il disastro, e questa mia praticità spicciola mi bloccava. E in fondo mi faceva anche sentire in colpa, non solo perché ero una scolara asina, ma anche perché a causa della mia ignoranza la casa si sarebbe presto allagata e l’acqua avrebbe tracimato fino al piano di sotto – e poi chi lo sentiva lo scultore del secondo piano? Ecco, la Meccanica Razionale era la stessa cosa. Il fatto di non vedere un’applicazione immediata e pratica della suddetta materia alla vita reale mi impediva di comprendere, e senza comprensione non avrei mai potuto superare l’esame.
La stessa cosa era successa con l’esame di Geometria, che a dispetto del nome dimesso non si occupava affatto di cerchi e triangoli, ma era la chiave per comprendere anche il multiverso e la meccanica quantistica. L’ho capito troppo tardi, quando ormai mi ero accontentata di un 18 e avevo già deciso di mollare. Peccato. Oppure no? Forse semplicemente non era destino, o forse anche l’università è qualcosa per cui occorre aspettare il momento giusto. Forse potrei ricominciare a studiare adesso che ho più di quarant’anni e i capelli iniziano a ingrigire, facendo tesoro del bagaglio di esperienze e conoscenze accumulate nei venticinque anni che sono passati dal diploma.

…ma forse ci sono troppi forse in questo discorso. Quello che so per certo è che anche questo pezzo della mia vita domani finirà nella pancia del camion della raccolta differenziata, e adesso mi sento più leggera.

giovedì 4 febbraio 2016

Olio di semi di zucca

Curiosi come siamo di scoprire e assaggiare nuove cose, durante una nostra vacanza in Alto Adige abbiamo provato l’olio di semi di zucca, ed è stato amore a prima vista!





Praticamente sconosciuto a sud di Bolzano, questo olio è invece molto conosciuto e apprezzato in Austria, in Germania e in altri paesi del Centro e Est Europa. Quello più rinomato è originario della Stiria, ed è tutelato come prodotto a Indicazione Geografica Protetta. Si ottiene dalla spremitura a freddo dei semi di zucca, ed è un prodotto naturale e non raffinato. E' di colore verde scurissimo, quasi marrone, e ha un sapore molto particolare che ricorda allo stesso tempo le nocciole e la carne arrosto... davvero! Va bene per insaporire praticamente di tutto: noi lo abbiamo provato sulle insalate, sui cereali, sul riso e sulla pasta, sulle uova e sui formaggi, sulle verdure al vapore... In Alto Adige lo avevamo provato anche sulle carni, e si abbina perfettamente anche con quelle. E' un olio che va usato a freddo, aggiunto alla fine sui cibi da insaporire. Onestamente non l'ho mai provato in preparazione cucinate, perché non mi da l'idea di essere un olio che regge bene le cotture. Per i cibi che vanno in forno o cuociono a lungo sul fuoco preferisco usare l'extravergine.

Oltre ad essere buonissimo, ha anche tante ottime qualità che lo rendono prezioso per la nostra salute. Intanto è ricco di minerali come lo zinco e vitamine, specialmente la vitamina E antiossidante, e ha inoltre un alto contenuto di acido oleico e linoleico, acidi grassi buoni che aiutano a tenere basso il livello di grassi nel sangue. Contiene anche steroli vegetali che ci aiutano a combattere il colesterolo, ma soprattutto (e questo vale per i nostri amici uomini), l'olio di semi di zucca è considerato un valido ausilio per i problemi alla prostata, visto che contiene sostanze in grado di proteggerla.
Insomma, e buono e fa pure bene, quindi lo utilizziamo quasi quotidianamente! Oltretutto, per il fatto di essere naturalmente saporito, c'è bisogno di meno sale per condire i cibi, e anche questo fa bene alla salute! Io di solito lo uso in combinazione con semi di cumino e semi di cardamomo macinati, e il risultato è un mix delizioso che si sposa benissimo soprattutto con le verdure cotte di ogni tipo.

L'unico problema di questo prodotto meraviglioso è la sua scarsa reperibilità. Come dicevo all'inizio, a sud di Bolzano è difficilissimo da trovare, e comunque anche in Alto Adige non c'è dappertutto. Fuori dal Sud Tirolo lo si trova solo nei supermercati di prodotti bio più grandi e forniti, e poi naturalmente si può comprare su internet, ma costa uno sproposito, e già non è che sia un prodotto economico di suo (anche se comunque vale ogni centesimo di quello che costa). Se avete la possibilità di passare per l'Alto Adige, per una vacanza o se amate magari andare ai mercatini di Natale, lo potete trovare nella catena di supermercati MPREIS : qui i punti vendita
(beh sì, il sito è in tedesco, ma anche se non capite un accidente di quello che c'è scritto, lo store locator è intuitivo da comprendere: l'Austria è la parte azzurra della cartina, l'Alto Adige è quella bianca)



Tutti quelli a cui lo abbiamo fatto assaggiare hanno apprezzato, quindi ve lo consiglio!